martedì 30 gennaio 2018

"Agguato a Skeleton Pass" e i racconti western di "Doppio spettacolo" di Stefano Di Marino

Conosciuto principalmente per storie d’azione e di spionaggio, Stefano Di Marino, nella sua sterminata produzione letteraria, ha cavalcato anche lungo le piste del selvaggio West. Come lui stesso ha ribadito più volte, il western è entrato nel suo immaginario di scrittore fin dall’infanzia e non faccio fatica a credere che sia il genere (insieme allo spionaggio) che più gli piace scrivere. Basta leggere il romanzo breve Agguato a Skeleton Pass, contenuto nella raccolta di racconti Doppio spettacolo (Dbooks.it Edizioni, 2016) per rendersene subito conto.
Questa breve novella, ispirata a quei film americani dove in un’ottantina di minuti si raccontava una storia ricca d’azione, è davvero un piccolo capolavoro western raccontato da un autore italiano. È la storia di un tenente, Travis Coburn, e della sua compagnia di Buffalo Soldier, impegnati in una pericolosissima missione in pieno territorio Apache, alla ricerca di un sanguinoso indiano ribelle di nome Chatta. Certo, detto così può sembrare un racconto poco originale, ma io la vedo diversamente: innanzitutto mi piace considerarlo un racconto western classico (tanti film e romanzi hanno come spunto la caccia agli apache, basta solo citare Nessuna pietà per Ulzana), e poi è scritto talmente bene, con una precisa combinazione di informazioni storiche e racconto narrativo, che tutto il resto potrebbe pure passare in secondo piano. Il fatto però è che Di Marino, da grande narratore, non nasconde nulla sotto il tappeto dello stile di scrittura, perché Agguato a Skeleton Pass è ricco di avvenimenti, di azione e di ritmo. Era stato pensato come un western con venature horror ma usando il classico come un’arma a disposizione, piuttosto che riposandovisi come sugli allori, Di Marino l’ha trasformato in un’avventura dall’atmosfera minacciosa. Lo scontro cruentissimo tra la civiltà bianca e quella indiana è rappresentato dalla ferocia degli apache e dalla testardaggine dei bianchi ma anche dall’impossibilità per i due mondi di venirsi incontro; l’autore non lascia mai fuori campo le descrizioni di torture, mutilazioni e scontri a fuoco e all’arma bianca, e scrittura e vicende risuonano di rimandi a film come The Missing e ai romanzi del grande narratore Gordon D. Shirreffs (peraltro uno degli scrittori western preferiti di Di Marino). Come lo stesso autore ammette nell’introduzione al volume, il racconto è pensato (e scritto, ovviamente) in stile cinematografico, con stacchi numerati per dare ritmo. Una scelta riuscita per una vicenda che, come detto, trae ispirazione proprio dai film western di cui Di Marino è appassionato e studioso (non per niente è lui, insieme a Michele Tetro, l’autore dell’imponente Guida al cinema western pubblicata da Odoya l’anno scorso).
Infine, l’apparato storico/ambientale appare corretto (mi ricordo solo un errore: il fucile Springfield descritto come un’arma a cinque colpi), per un coinvolgimento maggiore e più autentico ad una vicenda che comunque, al di là del genere, è un classico della letteratura d’avventura.
Per gli appassionati di western mi sento davvero di consigliare questo racconto lungo, anche perché la medesima raccolta Doppio spettacolo contiene altri due racconti western (vedi più sotto), oltre a un ulteriore romanzo breve (fantasy storico) e altri racconti di vario genere. Un acquisto di cui non vi pentirete!


Gli altri racconti western di Doppio spettacolo

“Gatta danzante e il generale fantasma” è un weird western venato di stregoneria voodoo. Tra la Louisiana e il Texas una giovane donna ha l’obiettivo di liberare una comunità di neri dal fantasma di un vecchio schiavista. C’è molta magia e un’atmosfera cupa in questo breve racconto dove il western si congiunge con le antichissime credenze e leggende dei neri del Sud.

“Sukyaky – bockaroo – banzai: quando si spara, si spara. Non si parla” credo sia la prima opera western di Di Marino. Originariamente la ricordo pubblicata su M. Rivista del Mistero, nel numero del 2008 dedicato al western mischiato col noir e con l’horror. È un racconto un po’ ingenuo, che deve molto alle atmosfere dello spaghetti western (con molte citazioni) unite al bizzarro protagonista e a qualche licenza storica. Il personaggio principale è un pistolero giappo-cinese in cerca di vendetta a Deadwood, al tempo della corsa all’oro sulle Colline Nere. È un racconto rapido e violento, uno di quegli stravaganti spaghetti western (con tutti gli elementi classici) portato su carta. Riuscito come esperimento, ma è lontanissimo dalla forza e dall’impatto di Agguato a Skeleton Pass.

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